Quale inconscio per quale politica? Note sui modi di intendere un concetto multiforme
di Fabio Molinari
L’idea che un concetto come quello di inconscio abbia qualcosa a che fare con la dimensione “politica” dell’uomo non è un’idea né scontata né banale: non è scontata, poiché ci si potrebbe chiedere che cosa abbia a che fare un concetto adoperato in ambito psicologico e prettamente soggettivo con ciò “che attiene alla città”; non è banale, perché si tratterebbe di capire, qualora vi fosse una relazione tra le due dimensioni, la natura di questo rapporto. L’inconscio è qualcosa che interessa alla politica? Risulta utile, in ambito politico, parlare di inconscio? Vi è una dimensione politica nella costruzione di questo concetto? Non solo il tema può essere declinato in maniera molteplice, ma molteplici possono essere anche i tentativi di approccio a questi temi. Così è stato, difatti, nel ‘900, quando teoria critica, strutturalismo, studi post-coloniali e femminismi – solo per citare le correnti più famose – hanno approcciato il concetto di inconscio a partire dalle sue diverse declinazioni psicoanalitiche in chiave politica.
Molinari