DOI: 10.5281/zenodo.8279453

L’editoria, la forma e la filosofia

di Gian Mario Quinto

Un’analisi dello status attuale dell’editoria filosofica dovrebbe tener conto di una serie di questioni che attraversano da tempo la produzione saggistica italiana, in particolare quella più vicina ad una certa visione del patrimonio culturale che si esprime tradizionalmente nelle collane storiche e filosofiche delle nostre grandi case editrici.
Roberto Calasso, tra i fondatori dell’Adelphi, forse il più radicale sostenitore dell’editoria come genere culturale, ha spesso sottolineato come i ricorrenti toni apocalittici relativi alla scomparsa dell’oggetto-libro in generale, e dei testi di filosofia in particolare, costituiscano solo una fastidiosa lamentazione cui siamo abituati da tempo: ai libri, in fondo, dichiara Calasso, quasi tutti vogliono bene; per di più, il pubblico sembra apprezzare in misura particolare proprio quelle opere uniche del cui archivio una casa editrice come Adelphi costituisce l’esempio più prestigioso (l’unicità è qui data dalla testimonianza di un evento: «all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto»).

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Quinto, L'editoria