DOI: 10.30443/POI2020-0005

Transizioni prospettiche nel poema didascalico di Parmenide

di Massimo Pulpito

 

Le modalità di comunicazione filosofica nell’età in cui affondano le radici stesse del pensiero greco antico offrono un ottimo caso di studio nell’ottica di una indagine sulle forme espressive della filosofia. Agli inizi della sua storia, tra i cosiddetti Presocratici, a essere incerta (se non del tutto assente) era la stessa nozione di filosofia: lo indica l’indisponibilità di un termine condiviso che la identifichi inequivocabilmente, segno di un mancato isolamento disciplinare che distingua questo sapere da altre forme di conoscenza. Eppure, che qualcosa di nuovo fosse accaduto tra gli intellettuali greci del sesto e del quinto secolo a.C., a partire dalle colonie ioniche e poi in Magna Grecia, e che ciò riguardasse quel che poi si sarebbe chiamato “filosofia”, appare sufficientemente chiaro non solo oggi, ma probabilmente era avvertito già mentre avveniva, nonostante i confini di questa disciplina fossero sfumati o addirittura vi fossero sovrapposizioni con altri saperi (spesso dai contorni altrettanto vaghi) come la medicina, la matematica, l’astronomia. La novità è segnalata proprio dalla mancanza di una nozione precostituita in cui ricomprendere i contributi di questi pensatori, da cui deriva la detta incertezza terminologica, ma anche il fatto che questi autori sviluppavano le loro riflessioni e teorie su nuclei comuni, talvolta in polemica tra loro, mettendo in atto un primo tentativo di dibattito. Poiché il mezzo attraverso cui si sviluppava questo dibattito germinale, e cioè la modalità comunicativa adottata accanto al tradizionale insegnamento orale, era lo scritto, risulta di grande interesse esaminare le forme espressive che questi intellettuali avevano scelto di utilizzare nelle loro opere.

Keywords: Eleaticism, Parmenides, Melissus, Monism, Rhetoric

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